Imbalsamazione egiziana: storia, tecniche, riti
25 Maggio 2022
Quando si parla di mummia ci si riferisce a un cadavere conservato e messo a riparo dalla decomposizione grazie a procedimenti artificiali o per effetto di circostanze naturali. L’imbalsamazione è uno dei sistemi artificiali utilizzati per la preservazione dei resti umani, al fine di prevenire la decomposizione. Nell’antichità si imbalsamavano i cadaveri per renderli adatti all’esposizione pubblica o privata o per tenerli conservati più a lungo con le loro fattezze naturali, come nel caso delle mummie egizie.
Storia e tecniche dell’imbalsamazione egiziana
In epoca predinastica (dal 3900 al 3100 a.C.) gli egiziani seppellivano i loro morti direttamente in fosse ovali poco profonde, scavate nella sabbia. Il cadavere era posizionato rannicchiato sul fianco sinistro, con la testa rivolta verso sud ed il volto verso ovest, in direzione del sole calante. Dalla I dinastia (3150 a.C.) le sepolture furono sempre più elaborate e la salma fu avvolta in bende di lino, con la testa coperta da un cesto. A partire dalla III dinastia (2700 a.C. circa) si cominciò ad effettuare la pratica dell’eviscerazione addominale abbinata alla disidratazione. Gli organi interni venivano poi conservati in speciali vasi detti canopi. Per disidratare i cadaveri si utilizzava il natron, un miscuglio naturale di cloruro e di carbonato basico. Nel Medio Regno (2060 – 1786 a.C.) non solo venivano rimossi gli organi, ma si procedeva anche a eliminare il cervello dal cranio utilizzando un uncino fatto passare attraverso il naso. Le viscere venivano conservate in canopi dalle particolari fattezze e la testa e le spalle del defunto venivano protette da una maschera (realizzata in oro per i sovrani) che ne riproduceva le fattezze.
Tecniche di imbalsamazione
L’imbalsamazione seguiva un preciso ordine di azioni che venivano effettuate per arrivare alla composizione finale della mummia. Si iniziava con l’ablazione, cioè la rimozione del cervello. Poi si procedeva all’eviscerazione: uno scriba incideva il fianco del cadavere con una selce molto appuntita e introducendo le mani nell’apertura si portavano via intestino, stomaco, fegato, milza e, a volte, i reni. La vescica rimaneva al proprio posto. Si sfondava poi il diaframma per asportare la trachea e l’esofago, per poter estrarre i polmoni mentre il cuore, considerato luogo dove risiedeva la coscienza e i sentimenti, rimaneva al suo posto. Il corpo veniva sottoposto a un primo lavaggio con vino di palma mentre i visceri erano trattati con il natron per poterli essiccare e poi inserire all’interno dei canopi. Poi veniva il momento della disidratazione di tutto il corpo che veniva ricoperto di natron e poi lasciato per 40 giorni ad essiccare. Una volta terminata l’essicazione il corpo veniva lavato di nuovo e poi riempito, colando resina calda attraverso il naso per riempire il cranio, e licheni secchi o segatura per l’addome. Le unghie, gli occhi e i genitali venivano sostituiti o conservati e il corpo veniva unto e massaggiato con oli profumati. Infine si procedeva al bendaggio con tessuti di lino.
Riti di imbalsamazione egiziana
Per gli Egizi i rituali connessi alla morte erano molto importanti. La costruzione della tomba era un lavoro difficilissimo che durava molti anni e all’interno delle piramidi o delle mastabe i resti del sovrano defunto dovevano avere a disposizione tutto quello che poteva servire per condurre una vita dopo la morte agiata. Vi si potevano trovare sedie, tavoli, letti, stoviglie e anche cibo.
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