Pensione in caso di morte, cosa succede?
31 Agosto 2020
La morte di un caro è un momento critico che, oltre alla necessità di dover affrontare il dolore, impone anche di doversi occupare di tante questioni pratiche, legali e fiscali. Riguardo alla pensione in caso di morte, se il defunto era titolare di una pensione Inps la legge prevede che la pensione non sarà più erogata in automatico non appena gli eredi o il delegato alla riscossione della pensione comunicheranno il decesso all’Inps. Generalmente questa comunicazione deve avvenire entro 48 ore dal decesso. Coloro che sono autorizzati, potranno utilizzare il Pin Online del defunto oppure rivolgersi a un patronato autorizzato per svolgere tutte le pratiche burocratiche del caso. Gli eredi potranno anche utilizzare un’autocertificazione di morte per evitare di dover attendere che il Comune rilasci il certificato di morte. Non comunicare il decesso del titolare della pensione e continuare a riscuoterla è un reato punibile per legge.
Pensione di reversibilità
Quando un titolare di pensione muore, il coniuge ha diritto a percepire la pensione di reversibilità. Quest’ultima è il trattamento che gli istituti di previdenza erogano in favore dei familiari superstiti del pensionato deceduto. L’ammontare della questione viene erogata direttamente dall’Inps e viene calcolata in relazione ai dati Irpef.
La pensione va restituita quando si muore?
La legge stabilisce che le somme percepite dopo la morte del pensionato debbano essere restituite. Se infatti accade di ricevere la pensione dopo la morte del titolare, in quanto l’Inps l’aveva emessa prima del decesso, la pensione va restituita. Se invece la morte avviene a metà di una mensilità, l’Inps deve erogare la pensione parzialmente per la sola parte del mese durante la quale il beneficiario era ancora in vita. Se dovesse accadere di rivedere l’accredito su conto corrente o libretto postale della pensione, dopo la morte del defunto, gli eredi dovranno farne comunicazione alla banca o alla posta e saranno loro a restituirla all’ente erogante.
Pensione e indennità di accompagnamento post-mortem
Può accadere che un familiare muoia prima di aver potuto riscuotere una pensione o una prestazione di assistenza, come l’assegno di accompagnamento. In questo caso, gli eredi hanno diritto a richiedere gli arretrati non riscossi anche se non gli spetta la reversibilità. La legge infatti stabilisce che ogni arretrato spettante al defunto, a prescindere dal tipo di prestazione, deve essere liquidato dall’Inps agli eredi in proporzione alla quota di eredità posseduta da ciascuno. L’ente pensionistico quindi deve liquidare le somme che costituiscono un credito del defunto. La legge, inoltre, prevede che queste somme debbano essere percepite da tutti gli eredi, e non soltanto da chi si è fatto carico dell’assistenza dell’invalido. Gli eredi dell’invalido hanno diritto alle quote della pensione d’inabilità e dell’indennità di accompagnamento maturate dal momento di presentazione della domanda amministrativa fino al momento della morte dell’invalido, sempre nel caso in cui la morte sia avvenuta in epoca anteriore all’accertamento dell’inabilità da parte della commissione provinciale competente.
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